I capricci dei bambini sono l’incubo dei genitori!
Tutti siamo stati capricciosi almeno una volta nella vita.
I capricci sono atteggiamenti molto comuni nei piccoli e fanno parte della fase evolutiva e di crescita del bambino, tuttavia urla, grida, pianti disperati, lacrimoni, calci, etc., a volte sono veramente difficili da gestire.
Di solito i capricci sono più frequenti dai 3 ai 12 anni. In questa fase il bambino avverte un bisogno estremo di affermarsi e di affermare la propria indipendenza rispetto all’adulto demarcandosi attraverso dei sonori “no” associati a tutti quegli atteggiamenti sovradescritti.
I capricci sono l’unico strumento che hanno i più piccoli, per capire fin dove possono arrivare, quanto sono “onnipotenti” e per mettere poi alla prova la pazienza dei grandi, testando la fermezza dei loro limiti. L’adulto rappresenta un punto di riferimento affettivo e normativo, che il piccolo cerca a suo modo di esaminare, anche attraverso questi atteggiamenti.
Prima di tutto non è possibile considerare il capriccio come caratterizzante del singolo bambino, quanto più della relazione con lo stesso.
Il capriccio è una reazione che può avvenire se c’è la compresenza di due figure: un bambino ed un adulto (genitore, insegnante, allenatore, etc.).
I bambini non sono capricciosi di natura, ma possono avere atteggiamenti capricciosi.
Si tratta di manifestazioni relazionali che servono a modificare ciò che risulta disfunzionale, in quel dato momento, nel rapporto.
Spesso dietro ad un pianto capriccioso e lagnoso si nascondono diversi tipi di bisogni, sono segnalatori di messaggi molto diversi, talvolta il capriccio cela una semplice stanchezza, talvolta il bisogno di affermarsi, oppure più semplicemente è indicativo di una difficoltà a verbalizzare e a gestire le proprie emozioni le quali hanno bisogno spesso di essere regolate dall’adulto.
È importante capire il linguaggio dei piccoli, per sintonizzarsi con loro e di conseguenza capire i loro reali bisogni.
Partiamo dalla premessa che non serve essere genitori perfetti, perché prima di tutto non esistono, e secondo poi perché la perfezione non aiuta i figli a crescere; occorre essere, come asseriva Winnicott un pediatra e psichiatra infantile, un genitore “sufficientemente buono”
Talvolta le richieste dei bambini possono essere incessanti ed assurde, tanto è vero che i genitori faticano a contenerle e a comprenderle.
In più nella nostra società occidentale, quella del tutto e subito”, i bambini sono costantemente bombardati da pubblicità che inducono sempre più nuovi e impellenti bisogni, non esiste nella loro testa il concetto dell’attesa e del sacrificio, per loro è diventato tutto scontato ed immediato, colludendo con il loro già naturale istinto all’ottenere immantinentemente senza attendere.
Tutti noi, compresi i bambini, abbiamo bisogno di regole precise, in grado di educare/ confinare le richieste sebbene questo possa talvolta creare frustrazione nel piccolo.
Il bambino attraverso la regola impostata dall’adulto, si confronta con la realtà.
Il limite insegna ad avere pazienza e ad imparare che “non è tutto possibile” ma ci si deve adeguare con una società regolante contenente altri individui che hanno anch’essi le loro regole e bisogni, insegnandogli così il valore della rinuncia.
Quando un genitore risponde NO davanti ad una richiesta del piccolo, scatena la classica reazione capricciosa. Ma quel NO è determinante per garantire una crescita sana, per far distinguere i bisogni reali da quelli superflui e per far capire cosa sia sbagliato e cosa sia corretto fare.
L’unica cosa importante è che ogni regola deve essere proporzionata all’età del bambino e condivisa da entrambi i genitori, per evitare di trasmettere un segnale confuso e poco costruttivo. Il bambino deve avere limiti chiari, decisi, in cui muoversi.
Quindi un NO, pronunciato in modo fermo e parsimonioso (si perché non si possono dire troppi no se no perdono di valore e sarebbe peraltro troppo castrante) aiuta a crescere cosi come un SI.
Se ad esempio vediamo vedete figlio lanciare oggetti, anche solo per gioco, non limitiamoci a sgridarlo o a dire “NO non si fa”, proviamo a proporre un’alternativa di gioco, oppure a giocare direttamente con lui. I bambini accettano più volentieri le novità e tanto più se sono novità che comprendono il rapporto con “l’altro significativo”
Il capriccio è in realtà un messaggio criptato che esprime un reale bisogno: impariamo ad ascoltarlo, ma soprattutto impariamo ad interpretarlo nella maniera più corretta e a proporgli “un’esperienza affettiva correttiva alternativa” più funzionale e piacevole del capriccio che comunque risulta essere molto “faticoso” anche per il bambino.
Ci sono mille sfumature da valutare, l’importante è saper osservare.
Non dobbiamo dimenticare che i bambini ci chiedono solamente alcune semplici cose: Presenza, Gentilezza, Amore e Disponibilità.
Dott.ssa Chiara Satanassi
Psicologa e Psicoterapeuta a Bologna
Psicologa Psicoterapeuta
Partita IVA P.I. 02915551200
Iscritta all'Ordine degli Psicologi e degli Psicoterapeuti della Regione Emilia Romagna