Alcune volte sentiamo dire: “Mia figlia, a casa è una chiacchierona, mentre a scuola non vuole parlare; si rinchiude in un mondo tutto suo, fatto di silenzi ed assenza!”
Che cosa succede a questi bambini? Perché decidono di non parlare, di non voler comunicare con il mondo che li circonda?
Nella maggior parte dei casi si tratta di semplice timidezza, che tende a scomparire con lo sviluppo e con l’esperienza. Quando, invece, questo tipo di atteggiamento risulta persistente e costante allora si parla di Mutismo Selettivo.
Il Mutismo Selettivo fu studiato e diagnosticato per la prima volta da Tramer Moritz, nel 1934. Lo psichiatra infantile notò che alcuni bambini riuscivano a parlare e ad essere disinvolti solo quando si trovavano in un piccolo ambiente e con persone care, in caso contrario si bloccavano e si nascondevano.
Si tratta di un disturbo d’ansia poco frequente, che colpisce i bambini solitamente in età pre-scolare, cioè durante i primi anni dell’asilo (2-3 anni), o nel primo anno di scuola elementare (6-7 anni), ovvero in occasione delle prime interazioni sociali con il mondo esterno.
Il bambino cade in un profondo silenzio, che lo rende invisibile agli occhi degli altri. Non c’è alcun problema di tipo fisiologico o funzionale che impedisca di parlare, ma solo una condizione ansiogena di fondo. È come se il bambino subisse un congelamento fisico generale.
Per esser fatta diagnosi di Mutismo Selettivo il sintomo si deve presentare per almeno un mese.
Il fatto di ritrovarsi davanti ad altri bambini che non conosce, oppure davanti alle maestre, oppure in un mondo che non è quello di casa, provoca nel piccolo una condizione di insicurezza che si traduce con un atteggiamento di distacco e di irrigidimento fisico.
Il problema, quindi, non è l’assenza della parola in talune circostanze, che è solo il sintomo, ma ciò che ne è all’origine e quindi l’ansia!
Il bambino con Mutismo Selettivo è un bambino come tutti gli altri, non ha alcun ritardo di tipo mentale o fisico.
I bambini muto selettivi si bloccano e non parlano solo in situazioni dove provano disagio e senso di estraneità (per questo è più frequente si parli di Mutismo Selettivo fuori dalle mura domestiche ma non è escluso che il mutismo avvenga proprio in un contesto familiare).
Ad oggi, non sono state individuate le cause specifiche di tale disturbo. Secondo alcune ricerche questa condizione potrebbe essere associata principalmente ad un forte stato ansiogeno, quindi non dipenderebbe da passati traumatici o violenti. Si tratta semplicemente di un blocco emotivo che si manifesta nel bambino senza che si sia verificato alcun evento scioccante in precedenza.
Logicamente un atteggiamento del genere, se non adeguatamente trattato, può comportare seri problemi sullo sviluppo psicologico e sociale del bambino stesso.
Il più delle volte i bambini, spinti dalla voglia di comunicare, inventano un nuovo modo di esprimersi, alternativo, fatto di gesti e di segnali. In questi casi forzare l’uso delle parole è la strategia più sbagliata!
È bene aiutare il piccolo a gestire la propria ansia, potenziandone allo stesso tempo l’autostima; in questo modo il bambino si sentirà libero di esprimersi, senza paura e senza imbarazzo.
Oltre al rafforzamento del senso di Sé e della propria Identità, è importante che il bambino inizi a riconoscere per poi verbalizzare i suoi pensieri disfunzionali e le sue conseguenti emozioni esperite nei vari contesti socio-relazionali non scegliendo più la strada dell’evitamento, della chiusura fatta di silenzio (che non è altro che un agire un’emozione di disagio) ma scegliendo la comunicazione! Con l’aiuto della psicoterapia infatti il bambino sarà capace di fare tutto questo compreso gestendo quindi i suoi motti interni attraverso la manifestazione verbale.
Fai in modo che anche il tuo bambino possa comunicare le proprie emozioni al MONDO INTERO!
Dott.ssa Chiara Satanassi
Psicologa e Psicoterapeuta a Bologna
Psicologa Psicoterapeuta
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Iscritta all'Ordine degli Psicologi e degli Psicoterapeuti della Regione Emilia Romagna